La morte di George Floyd, le rivolte degli afroamericani successive alle violenze della polizia, il movimento Black lives matter è stato il tema dominante del Pulitzer, i cui vincitori, nelle 22 categorie, sono stati annunciati. Insieme a un altro filone portante dei riconoscimenti: la pandemia, l’anno vissuto con il dramma del coronavirus.
Dalle fotografie della Associated Press dei disordini negli Stati Uniti, all’immagine simbolo dell’abbraccio con le protezioni in plastica tra due anziani (AP anche quella), alla copertura da “servizio pubblico” del New York Times per tutto quello che dalla salute alla crisi economica è stato il racconto di un anno “dietro la curva dei dati”. Su tutto una premessa: l’anno vissuto pericolosamente dal mondo dell’informazione, una prima linea tutta orientata a schivare le false notizie, a dare il giusto peso alle tante notizie imprecise, uno slalom tra vero e falso che con temi come la salute mondiale e il razzismo ha avuto «mai come quest’anno un valore decisivo», come hanno annunciato Mindy Marques e Stephen Engelberg, presidenti dell’organizzazione che assegna i Pulitzer dalla Colombia University.
«Un anno senza precedenti anche per il mondo del giornalismo chiamato a raccontare la complessità dell’emergenza coronavirus, la resa dei conti razziale e le turbolenti contestate elezioni presidenziali». Ribadito poi, «il ruolo cruciale dell’informazione per la democrazia. Non c’è stato un momento in cui più di questo c’è stato bisogno di documentare, raccontare, evidenziare con chiarezza e verità quanto stava accadendo».
La vicenda Floyd ha fatto emergere come potente anche il valore dei cittadini-reporter per documentare fatti che altrimenti non avrebbero avuto luce. In questo senso va il riconoscimento prestigioso, una citazione speciale attribuita a Darnella Frazier, la 18enne che filmando con il cellulare l’ultimo respiro di Floyd sotto il ginocchio mortale del poliziotto di Minneapolis ha reso pubblica la brutalità di quella morte con tutto quello che è successo dopo. Nelle categorie giornalistiche premi sono andati tra gli altri alla copertura Floyd dello Star Tribune di Minneapolis, al Boston Globe per l’investigazione sulle mancate informazioni dei governi statali sui conducenti di camion pericolosi.
Andrew Chung, Lawrence Hurley, Andrea Januta, Jaimi Dowdell and Jackie Botts di Reuters ex aequo con Ed Yong di The Atlantic hanno vinto per Explanatory Reporting.
“The Marshall Project”; “AL.com, “Birmingham”; “IndyStar, Indianapolis” e “Invisible Institute, Chicago” per National Reporting vincono per una lunga inchiesta sulle unità K-9 e sui danni dei cani poliziotto; mentre per International Reporting a vincere sono stati: Megha Rajagopalan, Alison Killing e Christo Buschek di BuzzFeed News, New York che hanno svelato al mondo una nuova infrastruttura costruita dal governo cinese per la detenzione di massa dei musulmani.
Per le categorie libri ha vinto per la fiction The Night Watchman di Louise Erdrich (Harper), un romanzo di lotte dei nativi americani nel 1950; per i drammi The Hot Wing King di Katori Hall una storia divertente sulla mascolinità black attraverso l’esperienza di vita di una coppia gay che si prepara ad una competizione culinaria.
Per la storia franchise: The Golden Arches in Black America di Marcia Chatelain (Liveright/Norton), un ritratto di come la lotta per i diritti civili si sia intrecciata con il destino delle imprese nere del fast food.
Per le biografie ancora tema black dominante con The Dead Are Arising: The Life of Malcolm X, di the late Les Payne e Tamara Payne (Liveright/Norton).
Per la poesia: Postcolonial Love Poem di Natalie Diaz (Graywolf Press); per la non fiction Wilmington’s Lie: The Murderous Coup of 1898 and the Rise of White Supremacy, di David Zucchino (Atlantic Monthly Press); per la musica: Stride di Tania León (Peermusic Classical).