“La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.” Paolo Borsellino
Era il 1989, quando Paolo Borsellino entrò in una classe di un liceo a Bassano del Grappa, una lezione indimenticabile per i giovani presenti perchè il giudice parlò loro della realtà della mafia e dei legami con la politica: senza veli e senza freni. Perchè questo era Paolo Borsellino.
1989, la seconda guerra di mafia ha insanguinato la Sicilia e imposto sull’isola la dittatura armata dei corleonesi di Riina, ma non è ancora giunto il momento dell’attacco al cuore dello Stato. Nonostante questo, il giudice Borsellino – di fronte agli studenti di un liceo di Bassano del Grappa – racconta una storia che, a 30 anni di distanza, sorprende ancora per la sua triste attualità. Con parole semplici, chiare e dirette, il magistrato delinea un quadro inquietante fatto di omicidi, estorsioni e rapimenti. E lo fa di fronte a ragazzi del Nord Italia, una realtà apparentemente lontana da certi scenari. Ma i tentacoli della piovra sono lunghi e Borsellino lo sa bene. E con questo discorso cerca di mettere in guardia la giovane platea, affinché impari a riconoscere la mafia in tutte le sue manifestazioni, dalle più eclatanti a quelle più nascoste e, per questo, insidiose. Un documento importante, che suona ancora oggi come monito troppe volte rimasto inascoltato.
Quella lezione, grazie a Paper First, è diventata un libro arricchito da documenti storici e dalla prefazione del fratello Salvatore Borsellino. In uno dei passaggi in aula, quel giorno, il giudice parlò anche del ruolo e dei limiti della magistratura come possibile freno agli stretti legami tra mafia e politica. Una lezione, letta trent’anni dopo, quanto mai attuale.