Riflessione

Quando la divulgazione storica diventa “pop”: usi e abusi

Una scena di “Vikings”, serie televisiva creata e scritta da Michael Hirst.

La storia è sempre riuscita a rivolgersi al grande pubblico, ispirando, tra i tanti, film come Braveheart, parodie come quelle del gruppo comico inglese Monty Python e romanzi storici come Il Nome della rosa di Umberto Eco. Tuttavia, a partire dagli anni 2000, si è assistito ad un enorme aumento nella produzione, nella popolarità e nel successo, di prodotti legati a temi e ad argomenti storici. Si pensi a serie tv quali Vikings, i Medici e Shōgun, o a film, come Oppenheimer e 1917, per nominarne solo alcuni. Nel mondo dei videogiochi, invece, si passa da prodotti standalone, come il recente Kingdom Come Deliverance ambientato nella Boemia di inizio Quattrocento, a intere serie come quella di Assassin’s Creed, in cui ogni gioco è ambientato in un periodo storico diverso, dall’antico Egitto alla Rivoluzione Russa. In ambito musicale si passa da gruppi dediti esclusivamente a canzoni su battaglie e avvenimenti, come il gruppo heavy metal svedese Sabaton, a citazioni storiche all’interno di canzoni indie e pop, come i riferimenti in Giovani Wannabe dei Pinguini Tattici Nucleari al libro La fine della Storia di Francis Fukuyama e al medievista Marc Bloch.

Tale mutamento, in parte, scaturì da un cambiamento avvenuto nel mondo accademico, dove diversi storici iniziarono a far divulgazione comparendo in trasmissioni televisive e scrivendo opere adatte al grande pubblico. Si ricorda il caso delle 30000 copie di Rapine, assedi, battaglie di Aldo Settia, vendute in allegato a il Giornale. In Italia il classico esempio di tale accademico è lo storico Alessandro Barbero che dal 2007 al 2022, assieme al compianto Piero Angela, era protagonista di una rubrica di fatti e curiosità storiche, denominata Dietro le quinte della storia, nell’amata trasmissione Superquark. Da allora, grazie al suo modo semplice e diretto di narrare e spiegare la storia, lo studioso piemontese è riuscito a trasformare la divulgazione in intrattenimento puro, diventando così un’icona pop soprattutto per molti giovani che, ispirati dal suo esempio, hanno iniziato a creare podcast, rubriche e pagine social dedicate ad argomenti storici.

Alessandro Barbero e Piero Angela.

Se il fenomeno “Barbero”, da un lato, ha rappresentato una boccata d’aria per una materia solitamente bistrattata, dall’altro ha portato ad una crisi nella modalità di esposizione dei contenuti storici da parte dei professionisti. La popolarità dello storico torinese ha infatti generato un’aspettativa di intrattenimento sulla produzione storiografica che, in genere, gli studiosi non sono in grado di consegnare se non sacrificando piglio e precisione accademica per compiacere il pubblico. D’altra parte, l’incapacità di molti storici di soddisfare il bisogno di intrattenimento attraverso un lessico semplice e comprensibile ha finito per portare curiosi e studenti inesperti a colmare questa domanda, rischiando così di eclissare il lavoro dei professionisti e di generare prodotti, spiegazioni ed esposizioni storiche superficiali, scorrette e potenzialmente soggette a fini politici. Basti pensare al movimento Cancel culture contro figure storiche definite “divisive” o alle recenti dichiarazioni sulla battaglia di Lepanto espresse al raduno di Pontida da parte del leader della Lega Matteo Salvini, affermazioni che farebbero accapponare la pelle a qualsiasi cultore della materia: «Nel 1571 La Lega Santa […] fermò l’avanzata islamica. L’abbiamo fatto allora, lo faremo ancora oggi».

Schermata del sito Medieval Murder Maps della University of Cambridge, un progetto che mira a collocare geograficamente gli omicidi avvenuti nel medioevo nelle città di Londra, Oxford e York. Un esempio positivo di divulgazione storica attuale che unisce interattività, curiosità e semplicità d’utilizzo.

La Storia si trova quindi davanti alla grande sfida di accogliere la domanda di intrattenimento e popolarità a lei richiesta dalla società social attuale, mantenendo al contempo la correttezza, la precisione e lo spirito critico che le sono più proprie, affinché la nobile professione dello storico non si svilisca su quella dell’influencer o del politico.

Giacomo Genziani

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