Novità editoriale

Quella dura traversata dal dolore alla speranza

Ah, quanto è esteso, sconfinato il pianeta del dolore e indicibilmente, imponderabilmente dure le sue forme, le manifestazioni, la durata, le conseguenze delle quali nessuno potrà mai misurare nell’intensità e nell’interiorità, con quel vortice che si scatena dentro.

«Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo», scrive Tolstoj nel romanzo Anna Karenina: parafrasando questa famosa frase, usata in molti contesti, si potrebbe dire che si è tutti uguali nell’approccio alla felicità e ciascuno vive e soffre a modo suo il dolore. E risulta anche inappropriato il detto che il tempo curi o attenui le ferite che lascia. È vero quasi sempre o comunque spesso il contrario e cioè che aumenti la lacerazione, da cui la conclusione anche dell’«assenza più acuta presenza» riferibile a un lutto.
Questo magma di emozioni e sentimenti, domande e inquietudini, percorre il nuovo libro di Giuseppe Zois Nella traversata della vita. Dal dolore alla speranza (ed. Villadiseriane). Sono 168 pagine dove si aprono molte finestre di osservazione su una realtà con la quale, prima o poi, si è tutti chiamati ad un confronto. E il più delle volte ci si ritrova impreparati, disarmati di fronte alle imboscate o agli agguati disseminati sull’arco temporale dell’umana esistenza.
«Quando all’improvviso il dolore ci squarcia la vita», è il punto di partenza dell’itinerario tracciato dal giornalista, in un’epoca in cui stiamo andando veloci con la tecnologia, ma senza sapere dove. Poi ad un certo punto ci si ritrova lungo una spiaggia, con orme che portano ad un possibile traguardo, oltre il quale si apre un delta di visioni sul “dopo” della vita, speranza per molti, certezza per chi crede, enigma per il popolo dei lontani (c’è chi come Dacia Maraini dice all’autore di non credere al Paradiso, ma neanche al nulla e accetta il mistero, adeguandosi al suo enigma).

Graziano Martignoni

Lo psichiatra Graziano Martignoni è autore della prefazione: Abbracciare la vita nel distacco, accanto agli Angeli dalle ali bianchissime.

Vie d’uscita dalla notte fonda

Nella casistica delle prove di dolore è agghiacciante quando una famiglia è catapultata dentro l’esperienza di chi in una sciagura – quale che sia – si ritrova confrontato con un congiunto, genitore o figlio, che finisce in Cure Intense e non riprende più conoscenza. E non può più scambiare una parola con lui, non vede più muovere le palpebre e mandare uno sguardo a chi gli sta vicino, non sa come interpretare una improvvisa lacrima che scende lenta dagli occhi. E non può più riabbracciarlo, stringerlo un’ultima volta a sé, prima di abbandonarlo al mistero della vita quando si chiude e comincia l’imperscrutabile “dopo”, lenito flebilmente nella speranza, nel riabbraccio affidato alla fede. Invalicabile il più delle volte la soglia – pensiamo soltanto ai cupi anni del covid – dei distacchi più intimi, senza nemmeno il conforto estremo di potersi dare un addio, nel terrore del possibile contagio… Lì, con la pandemia la dignità umana ha avuto tempi lunghi in cui è stata sfregiata, privata anche di un momento allargato in cui congedarsi dai propri cari e dalla comunità.

Mons. Pier Giacomo Grampa

Dopo aver parlato del passaggio «da un’epoca di cambiamenti a un cambiamento d’epoca», il vescovo emerito Pier Giacomo Grampa delinea nel libro di Zois la sua visione del dopovita: Il nostro Paradiso sarà rinascere come Angeli.

Il viaggio di Zois ha molte stazioni con fermate e soste cariche di riflessioni, di voci, di interrogativi, molti dei quali sospesi, in attesa – chissà – di risposte, di indicazioni, di frecce segnaletiche dove dirigersi, quando ci si trova nella nebbia o nella bufera. Nella parte iniziale c’è un ampio avvicinamento fatto con una testimonianza portata da David Maria Turoldo in un convegno tenuto a Bellinzona il 14 marzo 1991, su un inquietante tema: Verso una società indolore?. Era un anno prima della morte del frate friulano, che andò controcorrente parlando dell’utilità del dolore ma, al tempo stesso, della necessità di sconfiggerlo. Lui stesso stava combattendo contro «il drago insediato al centro del ventre come un re sul trono»: soffriva infatti di un tumore al pancreas. Nell’ora del Vangelo della notte, in cui si può essere afferrati dalla paura, Turoldo cantò il suo inno alla bellezza della vita: e accadde due giorni prima che la lasciasse.

Lorenzo Alberio

Lorenzo Alberio, ematologo primario al Centre Hospitalier Universitaire Vaudois di Losanna e docente universitario nella stessa città si esprime sul dolore: “Meglio controllato che sconfitto” la sua indicazione.

Una luce nel mistero del dopo

Da un’epoca di cambiamenti a un cambiamento d’epoca, con una fede divenuta soggettiva, slegata da una dimensione comunitaria, come sottolinea il vescovo Pier Giacomo Grampa. Il problema è anche di quale appartenenza parlare, mentre assistiamo a un progressivo sfaldamento della comunità. Un magistrato, Antonio Perugini, analizza la giustizia umana quando entra nella visione ultraterrena, quindi la bilancia umana e quella divina. Al bivio cruciale ci si chiede: salire su un monte per avvicinarsi a Dio o abbassare il cielo a noi. Preziosa diventa quella luce di trasfigurazione che si chiama speranza con approdo all’immenso terminal del Paradiso, che ha svariate denominazioni nei diversi linguaggi delle religioni. E qui comincia nel libro un bel concerto di voci: da chi il Paradiso lo fa cominciare già sulla terra, con/fra noi, e i bambini ce lo insegnano (Domenica Salvi) a chi lo immagina da eremita, come ricongiungimento dopo le nostre separazioni (Suor Eliana da Collepino-Spello); dal luogo dove ritrovare la misura dell’amore (Arianna Castelletti) alle persone viste come angeli inviati da Dio a noi (don Vinicio Carminati). Può essere il luogo «dove si compie il capolavoro di comunione e di relazioni» (don Rino Pistellato), aspettando «la vita del mondo che verrà» (don Pietro De Luca), oppure quell’altrove che scende fino a sollevarci verso l’alto (la filosofa Lina Bertola). In questo scenario molto personale, il “Signore delle cime” dev’essere naturalmente tra montagne e neve (copyright di Bepi De Marzi), ma può anche essere quell’infinito giardino fiorito dove ritrovare i nostri cari (così la canta Rita Pavone). Per un vescovo «il nostro Paradiso sarà rinascere da subito come angeli», che è il bel finale prefigurato da Pier Giacomo Grampa.
Il lettore è atteso da uno scenario a sorpresa che si spalanca in chiusura: andremo Lassù a moltitudini «con l’ottavo sacramento», di cui parlò in un’intervista a Zois un Padre e Pastore della Chiesa, l’arcivescovo Clemente Gaddi. Ma in un giallo, è prassi non svelare come va a finire.

Stefania Cassin

Il libro può essere ordinato alla Libreria del Corso di Chiasso, tel. 091 682 12 05, e.libreriadelcorso@sunrise.ch

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