Riconosciuto e ammirato come un regista dal grande talento, Alan Parker viene omaggiato sui social da diversi artisti del mondo cinematografico, musicale, letterario e artistico. Il cineasta «è scomparso all’età di 76 anni dopo una lunga malattia», sono queste le parole annunciate dalla British Film Institute che dà notizia del decesso. È celebre per aver diretto diversi film premi Oscar, tra cui: Fuga di mezzanotte, Mississippi Burning, Saranno famosi ed Evita; ma anche The Wall, trasposizione cinematografica del concept album The Wall, realizzato nel 1979 dai Pink Floyd, presentato fuori concorso a Cannes. Insomma, un uomo che viveva e respirava cinema.
A pochi minuti dalla notizia della sua scomparsa sui social iniziano a comparire, oltre ai messaggi di condoglianze, un’infinità messaggi e ricordi di chi con lui ha lavorato e/o collaborato. Da Instagram, a Facebook, fino a Twitter, il mondo di Hollywood, e non solo, ha condiviso solo pensieri di ammirazione verso uno dei migliori registi del suo tempo. L’Accademia delle arti e delle scienze cinematografiche lo descrive come «Un talento straordinario, il cui lavoro era capace di intrattenere il pubblico dando agli spettatori un forte senso di tempo e di luogo».
Parker, nato a Islington il 14 febbraio del 1944, ha collezionato due nomination agli Oscar come miglior regista per Fuga di mezzanotte (che vinse due statuette) e Mississippi Burning. Anche Saranno famosi fu premiato con due Oscar. Il regista ha vinto anche numerosi premi Bafta e Golden Globe. Nel 1985 si è aggiudicato il Gran Premio della Giuria a Cannes per Birdy – Le ali della libertà. Nel 1984 Bafta gli ha conferito il Michael Balcon Award per l’eccezionale contributo al cinema britannico, mentre nel 2013 gli è stato assegnato il prestigioso Bafta Fellowship. Inoltre, è anche membro fondatore della Directors Guild of Great Britain.
Il suo ultimo lavoro come regista risale al 2003 con il film The Life of David Gale, con protagonisti Kevin Spacey e Kate Winslet. Successivamente in un’intervista con il “Guardian” svela che il suo “ritiro” dal mondo del cinema è dovuto al fatto che «fare film è un lavoro difficile fisicamente» e che sentiva il bisogno di dedicare del tempo alla sua famiglia. Anche se felice della scelta quando chiesto cosa gli mancasse del processo di fare film lui disse che a differenza di altri registi che amano la fase di montaggio, lui ama profondamente «l’intensità e la follia che si respira su un set cinematografico» e quando pensa al suo lavoro da regista è quell’atmosfera che più gli manca del suo lavoro. Tra i tributi più commoventi c’è quello del suo amico compositore e collaboratore Webber che lo ricorda con grande ammirazione e lo ha descritto come «uno dei pochi registi a capire veramente i musical sullo schermo».
Ha trascorso gli ultimi anni della sua vita dedicandosi alla pittura, alla serigrafia, ma soprattutto alla famiglia. Gli sopravvivono la moglie Lisa Moran-Parker, i suoi cinque figli e sette nipoti.
MEA