Convegno

Riflettere su libertà e responsabilità oggi: la lezione di Antonio Rosmini

Uno sguardo retrospettivo sul convegno di Lugano

Relatori del convegno rosminiano del 13-14 giugno 2024 a Lugano

Relatori della sessione del 13 giugno 2024 al Consolato d’Italia a Lugano

«La persona è il diritto umano sussistente»: è una delle definizioni più note e sempre attuali di Antonio Rosmini che è risuonata varie volte anche durante il convegno «Diritto, libertà e pubblica felicità. Antonio Rosmini e la responsabilità civile oggi», tenutosi dal 13 al 14 giugno, al Consolato italiano a Lugano e presso l’Università della Svizzera italiana. Dopo i saluti iniziali del Console Gabriele Meucci, dell’Amministratore apostolico Mons. Alain De Raemy, del Consigliere di Stato Gabriele De Rosa (in videoregistrazione), dei rappresentanti del Municipio Luigi Di Corato e della Facoltà di Teologia Gabriela Eisenring (in sostituzione del Rettore Prof. René Roux), nonché dei Direttori dei due Centri di Studi rosminiani a Stresa e Trento, Don Eduino Menestrina e Michele Nicoletti (in sostituzione di Paolo Marangon), e davanti ad un pubblico numeroso, 17 relatori hanno approfondito e attualizzato vari aspetti del pensiero di Rosmini, interrogandosi sulle varie dimensioni del suo pensiero personalistico e in riferimento ad altre istanze della cultura moderna da Locke a Kant ed Hegel, dal gesuita Taparelli d’Azeglio al politico Aldo Moro. Ricchi e lunghi dibattiti hanno accompagnato ogni sessione dei lavori.

Un primo tema dibattuto è stato quello intorno al tema diritto e desiderio: Rosmini sottolinea l’importanza sia del primo che del secondo per la realizzazione della persona. Mentre il primo si assicura attraverso il rispetto reciproco dei cittadini nella società moderna, il soddisfacimento del secondo esige l’impegno e la responsabilità di ciascuno nella propria ricerca della felicità. Entrambi si richiamano però anche a vicenda: mentre il primo limita il secondo (non ogni desiderio è anche “lecito”), il secondo diventa la spinta alla realizzazione del primo. La persona, infatti, per Rosmini è il diritto e si qualifica come tale proprio in quanto desidera, e ciò significa che egli «considera l’individuo come amore», come ha detto il giurista Giuseppe Capograssi: «il diritto diventa interiorità massimo rapporto positivo di vita, vera coesistenza, cioè godimento in comune degli stessi beni supremi dello spirito».

Certamente con questa visione spirituale e poetica dell’uomo nella società Rosmini non sorvola sulla realtà, che spesso non ci assomiglia per niente e in cui il diritto si realizza come coercizione e dura limitazione della libertà. Ciò che gli sta a cuore è senz’altro una visione della società che non riduca l’essere umano a semplice individuo, ma di pensarla come luogo di piena realizzazione della persona. A tale fine, egli contrasta tutti i modelli che vedeva diffusi nelle teorie moderne della società e che riducono la società a “massa” o “sciame”, e in questo modo negano l’invalicabile valore di ogni singolo. Si può pertanto senz’altro affermare che Rosmini è stato uno dei battaglieri più intransigenti per la libertà e il diritto di ogni singolo, come è stato sottolineato come secondo grande tema durante il convegno.

Come terzo argomento, sul quale si sono concentrate molte relazioni, va rilevata la società civile e la logica della rappresentanza in essa. Rosmini analizza infatti il “legame sociale” che connette le persone e che rende necessaria un’amministrazione politica dalla quale la garanzia della giustizia e dei diritti di ogni singolo devono rimanere distinti. In questo modo, egli è uno dei primi pensatori moderni a reclamare una garanzia della giustizia che sia indipendente dalle forze maggioritarie di rappresentazione politica in una società. Per tale “Tribunale politico” tutti gli esseri umani dovrebbero avere uguale diritto di voto, e non solo quelli che hanno il diritto di eleggere il parlamento (per il quale Rosmini concepiva un diritto di voto censitario). Rosmini diventa così uno dei primi a proporre e formulare l’idea di «giustizia sociale» come criterio indispensabile per giudicare le società moderne.

“LA QUESTIONE ROSMINIANA”, acrilico su tavola, 52,5 x 48 cm

Franco Gervasio, La questione rosminiana, acrilico su tavola, 52,5 x 48 cm

Un quarto elemento è costituito dal tema del mercato e della concorrenza. Rosmini valuta la concorrenza come un presupposto importante per la realizzazione della libertà ed un elemento che garantisce massimamente il progresso della società moderna: «d’una sì libera concorrenza di tutti a tutti i beni disoccupati, secondo l’attività loro propria ed il merito, vien anco la miglior condizione possibile economico-morale del massimo numero, per non dire di tutti i cittadini». In tal modo Rosmini valorizza l’economia moderna come contributo positivo alla realizzazione di libertà e benessere per tutti e come indispensabile fattore per la realizzazione della “felicità pubblica”.

Certamente, l’economia non va astratta dalla sua collocazione reale nella società, che è innanzitutto portatrice di tradizioni e valori, per cui Rosmini è stato oltremodo attento all’esigenza di garantire l’educazione e l’insegnamento ai giovani. Sta in questo il suo “capitale per il futuro” e certamente uno dei temi di massima attualità del suo pensiero. Così non è un caso se l’ordine fondato da lui – l’“Istituto della Carità” o “Rosminiani” – si è sempre impegnato nell’ambito educativo, anche sul territorio ticinese. «Solo de’ grandi uomini possono formare degli altri grandi uomini» è stato infatti uno dei suoi moniti centrali per la società moderna che cercava sempre di salvare dalle tendenze dissolutrici.

Intimamente connesso con il tema dell’educazione è per Rosmini la dimensione della religione che non a caso è stato il sesto tema delle discussioni durante il convegno: senza un riferimento assoluto dell’essere umano, egli era preoccupato che si perdesse l’equilibrio di tutte le dimensioni finora articolate. Non è il nostro destino odierno affrontare la sempre crescente mancanza di equilibrio tra diritto e concorrenza, libertà ed educazione, giustizia e felicità pubblica, senza poterci ancora richiamare ad una “forza religiosa” che garantisca in qualche modo tali equilibri? Quale “forza spirituale” Rosmini può trasmetterci oggi per affrontare questa sfida? Nella convinzione che «colui, che ama la libertà e l’uguaglianza, odia altrettanto l’uguaglianza falsa e la falsa libertà: vede con dolore e con raccapriccio che di questi beni si vogliono ritenere soltanto i nomi, distruggendone la cosa», Rosmini parla infatti ancora a noi oggi e ci trasmette gli strumenti per impedire la perdita di libertà, uguaglianza e giustizia. Sta a noi la responsabilità di farne buon uso.

Markus Krienke

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