Ritratto di Havel, tra storia, coraggio e fragilità
Biopic di Horak vince Riff. Nel 2021 10 anni da morte statista.
Brillante drammaturgo e intellettuale, rivoluzionario ‘non violento’, coraggioso oppositore al regime comunista, punto di riferimento nella ricostruzione dopo il crollo del blocco sovietico, come presidente prima della Cecoslovacchia poi della Repubblica Ceca. Ma anche uomo carismatico, naturalmente portato al dialogo, empatico, generoso, seduttore, infedele, imperfetto.
È proprio la dimensione più intima del personaggio a guidare Havel di Slavek Horak, il film su Vaclav Havel (interpretato con garbo e intensità da Viktor Dvorak, aiutato anche dalla forte somiglianza fisica), artista e statista del quale nel 2021 ricorreranno i dieci anni dalla morte. Il biopic che ha appena vinto il Riff – Rome International Film Festival, è uscito in estate nella Repubblica Ceca, accolto da successo di pubblico ma anche alcune polemiche, sia sulla figura di Havel, tra sostenitori e detrattori, sia per la strada narrativa del film, che secondo alcuni non restituirebbe la grandezza e la complessità dell’uomo. Il suo impegno politico inizia a prendere forma concreta nel 1968, quando rifiuta di firmare una lettera di appoggio alla repressione della Primavera di Praga con l’arrivo delle truppe del patto di Varsavia. Il suo attivismo, porta Havel ad essere arrestato e condannato più volte. Anche alla sua liberazione dal carcere, resta sotto un controllo sempre più stretto e asfissiante. Altri colleghi intellettuali e dissidenti accettano di lasciare il Paese, lui no. Una lotta in cui gli resta sempre accanto la forte, autorevole e generosa, moglie Olga (una bravissima Anna Geislerova), anche lei attivista e scrittrice, nonostante debba confrontarsi con le debolezze e gli egoismi ‘sentimentali’ del marito.