L’animale della foresta (Adelphi 2023) è l’ultimo omaggio, postumo, di Roberto Calasso su Franz Kafka. L’autore compie brevi analisi sulle ultime opere corte – per lo più brevi racconti – dello scrittore praghese. Se nel precedente K. (sempre Adelphi) Calasso si era occupato de Il Castello, Amerika e Il processo, in questo breve libretto analizza “Indagini di un cane”, “Josefine la cantante o Il popolo dei topi” e “La tana”. I racconti sono accomunati dal tentativo di Kafka di narrare lo spirito umano tramite gli animali. Si rifà alla paura di potenziali nemici e si avventura nella psicologia dello scrittore. Calasso offre la sua interpretazione dei racconti kafkiani: il cane indaga su altri cani, la tana che diventa una trappola; il popolo dei topi dotato di una «scaltrezza pratica»; la performance di Josefine e il riconoscimento della sua arte. Narrando il mondo animale, Kafka allarga l’orizzonte dello sguardo.
Sembra suggerire che animali e umani non sono poi così diversi. “Josefine” è il racconto più disperato di Kafka, scrive Roberto Calasso. Gli scritti di Kafka hanno sempre un nemico; la tana stessa non è chiaro se sia una forma di autodifesa o isolamento o protezione: si rifà ai paradossi kafkiani. Kafka non risponde sull’essenza e la funzionalità della tana. «La tana è un modo di vita che viene scoperto piuttosto tardi da un singolo e si perfeziona, senza mai concludersi, nel momento in cui quel singolo raggiunge il suo “culmine”». “Josefine” «racconta l’insufficienza non del canto, non della musica, ma dell’arte, di qualsiasi arte. Anche dello scrivere. Racconta la loro inadeguatezza insanabile. Di conseguenza, la loro fondamentale inutilità. Attraverso Josefine, il popolo dei topi scopre la meraviglia del canto, ma finisce per considerarlo molesto. Senza fatica, può farne a meno».
Interessante notare che nei tre racconti sono assenti gli uomini: ma il comportamento degli animali è in realtà un modo allegorico per descrivere l’uomo. In diverse lettere, Kafka a più riprese confermava la sua vicinanza al mondo animale. «Io, che pure sono un animale della foresta, allora la foresta per lo più la evitavo, giacevo chissà dove in una sudicia fossa (sudicia per via della mia presenza, naturalmente) e fu lì che ti vidi fuori all’aria libera, la cosa più bella che avessi mai visto, scordai tutto, scordai persino me stesso, mi levai in piedi, mi avvicinai […] giunsi fino a te, e tu fosti così buona, mi accucciai vicino a te […] ero così felice, così fiero, così libero, così potente, mi sentivo talmente a casa […] – ma in fondo altro non ero che l’animale, il cui posto era la foresta».
Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com
Roberto Calasso indaga sull’animale Kafka e le sue ultime storie
L’animale della foresta (Adelphi 2023) è l’ultimo omaggio, postumo, di Roberto Calasso su Franz Kafka. L’autore compie brevi analisi sulle ultime opere corte – per lo più brevi racconti – dello scrittore praghese. Se nel precedente K. (sempre Adelphi) Calasso si era occupato de Il Castello, Amerika e Il processo, in questo breve libretto analizza “Indagini di un cane”, “Josefine la cantante o Il popolo dei topi” e “La tana”. I racconti sono accomunati dal tentativo di Kafka di narrare lo spirito umano tramite gli animali. Si rifà alla paura di potenziali nemici e si avventura nella psicologia dello scrittore. Calasso offre la sua interpretazione dei racconti kafkiani: il cane indaga su altri cani, la tana che diventa una trappola; il popolo dei topi dotato di una «scaltrezza pratica»; la performance di Josefine e il riconoscimento della sua arte. Narrando il mondo animale, Kafka allarga l’orizzonte dello sguardo.
Sembra suggerire che animali e umani non sono poi così diversi. “Josefine” è il racconto più disperato di Kafka, scrive Roberto Calasso. Gli scritti di Kafka hanno sempre un nemico; la tana stessa non è chiaro se sia una forma di autodifesa o isolamento o protezione: si rifà ai paradossi kafkiani. Kafka non risponde sull’essenza e la funzionalità della tana. «La tana è un modo di vita che viene scoperto piuttosto tardi da un singolo e si perfeziona, senza mai concludersi, nel momento in cui quel singolo raggiunge il suo “culmine”». “Josefine” «racconta l’insufficienza non del canto, non della musica, ma dell’arte, di qualsiasi arte. Anche dello scrivere. Racconta la loro inadeguatezza insanabile. Di conseguenza, la loro fondamentale inutilità. Attraverso Josefine, il popolo dei topi scopre la meraviglia del canto, ma finisce per considerarlo molesto. Senza fatica, può farne a meno».
Interessante notare che nei tre racconti sono assenti gli uomini: ma il comportamento degli animali è in realtà un modo allegorico per descrivere l’uomo. In diverse lettere, Kafka a più riprese confermava la sua vicinanza al mondo animale. «Io, che pure sono un animale della foresta, allora la foresta per lo più la evitavo, giacevo chissà dove in una sudicia fossa (sudicia per via della mia presenza, naturalmente) e fu lì che ti vidi fuori all’aria libera, la cosa più bella che avessi mai visto, scordai tutto, scordai persino me stesso, mi levai in piedi, mi avvicinai […] giunsi fino a te, e tu fosti così buona, mi accucciai vicino a te […] ero così felice, così fiero, così libero, così potente, mi sentivo talmente a casa […] – ma in fondo altro non ero che l’animale, il cui posto era la foresta».
Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com