Ci si è messa pure la neve (e non si capisce perché in una città come Lugano, non precisamente mediterranea, sia sufficiente a paralizzare la mobilità), ma nella sala del Teatro Foce, già confrontata con la desolazione delle trenta sedie di ordinanza, ieri sera una decina erano quelle occupate. Peccato davvero, soprattutto dato l’impegno di una realizzazione che è tutt’altro che una “lettura” pur prevedendo il leggio. Per il suo SOLOcon Amleto, Emanuele Santoro ha realizzato una vera e propria messinscena, sebbene senza scenografia, curando adattamento del testo (concentrato all’essenziale in un’ora), le variazioni di luci (qui particolarmente importanti nelle sottolineature di passaggi e atmosfere), il parterre sonoro (musiche di Claudia Klinzing), oltre ovviamente l’interpretazione. Shakespeare e il suo capolavoro di modernità, in diverse modalità, attraversano un po’ tutta la carriera dell’attore e regista, per quel concetto di rivisitazione dei classici che l’ha sempre sostenuta, accompagnata. Del resto ogni volta che risuonano le parole del testo, a distanza anche di anni, si ha la comprensione percettiva della loro assoluta contemporaneità e più i tempi sono bui, più quella consapevolezza di visione umana assume caratteri rivelatori.
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