Presentiamo in questa rubrica il racconto di Luigi Rizzo, studente diplomato della SAM D4 del CPT di Trevano, una delle classi finali della prof. di italiano e letteratura Antonella Rainoldi. Il racconto è contenuto nella parte creativa di un lungo lavoro di ricerca incentrato sul celebre romanzo di Luigi Pirandello “Il fu Mattia Pascal”.
Mi svegliai di soprassalto. Mi alzai e mi recai nella cucina situata al primo piano. Aprii il frigorifero, ma dovetti constatare che era vuoto.
Esclamai: “Eh sì, il frigorifero non si riempie da solo”.
Mi vestii e in un battibaleno uscii di casa con fare frettoloso. Arrivato al supermercato acquistai tutto ciò che fosse necessario al mio sostentamento. Decisi inoltre di comperare un quaderno e una penna. Pagai, uscii dal negozio e rincasai. Durante il tragitto ripensai ai diversi mesi trascorsi lontano da casa e divenni malinconico. Per tirarmi su di morale decisi così di iniziare a scrivere un breve racconto che riassumesse la mia avventura.
Frequentavo l’ultimo anno di scuola d’Arti e Mestieri. Era marzo, intorno al sedici, giorno del mio compleanno. Quell’anno ne avrei compiuti diciannove. La pandemia degli anni Venti continuava la sua avanzata da ormai oltre dodici mesi e per circa altrettanti mesi proseguì. Iniziai a pianificare cosa avrei fatto dopo essermi diplomato come disegnatore indirizzo ingegneria civile. Su una cosa ero, e lo sono ancora, molto certo: desideravo continuare gli studi nell’ambito dell’ingegneria civile. Difatti un obiettivo per me imprescindibile era quello di diventare un ingegnere civile.
Beh, niente male come punto di riferimento, mi suggerivano diversi amici. Eppure dentro di me rimaneva una sensazione strana. Non riuscivo a capire cosa fosse. Pensai che probabilmente era solo un momento un po’ negativo, magari anche a causa dei numerosi compiti e test per la scuola. I mesi passarono e giunsero gli esami. Solo allora compresi che mancava poco e sarei stato diplomato. Dentro di me si sprigionò una forza interiore che non avevo mai provato. Mi dissi tra me e me che ormai dovevo solo fare l’ultimo scatto finale e poi sarei stato libero. Intorno alla fine del mese di giugno ricevetti i risultati degli esami. Fui promosso e ottenni quindi il mio diploma.
Nel frattempo avevo chiarito le idee per il mio futuro. Avrei proseguito gli studi, ma prima mi sarei preso una pausa. Inizialmente pensai che avrei potuto trovare un posto di lavoro con il diploma che faticosamente mi ero meritato, ma successivamente constatai che questa opzione avrei dovuto scartarla quanto prima visto che la pandemia continuava a tenere sotto scacco le aziende e il settore economico. Difatti con l’avvento di questa crisi molti posti di lavoro andarono perduti e di nuovi non se ne vedeva nemmeno l’ombra.
Stufo del clima di incertezza creatosi, decisi così di fuggire, lasciare tutto e cambiare vita, almeno per un po’. Mi imbarcai su una nave da crociera denominata Covid free. Questa fu un’occasione più unica che rara, visto che era gratuita. Infatti per chi è nato dopo il primo ventennio del ventunesimo secolo bisogna fare alcune precisazioni. Durante quel periodo, a causa dell’alta trasmissibilità del virus che caratterizzò la pandemia, tutte le crociere, così come tutti i voli aerei, vennero annullati, sospesi o cancellati. Anche le libertà individuali furono limitate attraverso dei lockdown per cercare di ridurre la diffusione di questo famigerato virus.
Perciò non appena lessi l’annuncio della crociera e intravidi la possibilità di partire su una nave decisi di informarmi meglio. Contattai subito il mio agente di viaggi. Scoprii così che questa crociera era un grande esperimento voluto da tutte le autorità di tutti i paesi del globo terrestre. Queste ultime volevano studiare meglio la diffusione del virus e avevano deciso che il modo migliore per farlo sarebbe stato quello di riempire una nave da crociera con persone completamente sane.
Decisi così di annunciarmi come possibile candidato e in men che non si dica mi arrivò la conferma che sarei salpato per altri lidi. Giunse presto il giorno della partenza e mi recai al porto di Genova, dal quale sarebbe partita la nave. Arrivato all’entrata mi fecero un test rapido. Dovetti aspettare circa venti minuti per ottenere il responso, per mia fortuna negativo. Durante l’attesa chiesi a colui che immaginavo fosse un infermiere quante persone si sarebbero imbarcate sulla nave. Lui mi rispose tremilacinquecento; ma questo numero sarebbe potuto variare a dipendenza dell’esito dei test eseguiti prima dell’imbarco.
Ero leggermente preoccupato per il fatto che qualcosa sarebbe potuto andar storto. La mia mente iniziò a girare a mille, ponendosi diverse domande. E se sulla nave i contagi si fossero moltiplicati? E se, di conseguenza, ci fossero stati centinaia di morti? Quante persone avrebbero avuto bisogno di essere ricoverate in ospedale? Sentivo che la mia coscienza si sarebbe potuta logorare. Insomma, una parte di me diceva che sarei stato un incosciente a imbarcarmi su una nave simile. L’altra parte di me diceva invece che nella vita bisogna sperimentare e che tutto ciò sarebbe stato un sacrificio per la scienza e per l’umanità.
La nave salpò. Navigammo per tutto il Mediterraneo facendo diversi inchini lungo le differenti coste europee, senza però fare la fine della Costa Concordia, una nave da crociera che anni prima si incagliò sugli scogli di fronte al porto del Giglio. Dopo aver intercettato da lontano la costa nordafricana, la nave abbandonò il Mediterraneo e si diresse verso le Americhe. Passò persino attraverso il canale di Panama. Stupendo! Fu un’emozione grandissima. Infine la nave tornò in Europa.
Con il passare del tempo questo viaggio divenne estenuante. Difatti, sempre a causa della pandemia, non ci fu consentito di sbarcare in nessun luogo. Dopo ben due mesi attraccammo nuovamente a Genova. Finalmente mi ritrovai con i piedi sulla terraferma. Che soddisfazione! La crociera andò benissimo. Risultarono zero contagi e fu un grande successo per tutto il mondo scientifico.
Quando sbarcammo vi era una folla immensa di paparazzi che ci scattarono foto a più non posso. Ecco, qui capii che il mondo era sempre lo stesso: stress, lavoro e poca privacy. Una situazione molto differente dal relax goduto durante il viaggio. Rientrai a casa, in Ticino. Ormai era la fine di agosto.
Ora vi starete chiedendo cosa avrei fatto dopo la crociera. Beh, non ci crederete, ma vista l’alta copertura mediatica del viaggio sulla Covid free mi contattarono diversi imprenditori che desideravano assumermi come disegnatore indirizzo ingegneria civile. Questo accadde dopo essere stato intervistato da una emittente televisiva internazionale al momento dello sbarco in quel di Genova. Non persi nemmeno un secondo ed accettai subito la proposta più interessante. Mi trasferii così a Dubai, prima città al mondo in cui tutte le persone erano state vaccinate. Lì iniziai a lavorare alla progettazione di uno degli edifici più alti del pianeta: approssimativamente avrebbe raggiunto millequattrocento metri di altezza. Mi ambientai bene.
Morale della storia: mai avere paura di lanciarsi in nuove avventure, perché i grandi risultati possono verificarsi solo sperimentando.
Luigi Rizzo