Ogni treno assomiglia ad una macchina del tempo: c’è qualcosa in questi congegni capace di riportarci indietro ad un’epoca in cui viaggiare era una suggestione emozionante, traboccante di possibilità e romanticismo. (Sarah Baxter)
Se poi è anche a vapore…
Ma andiamo per ordine. Un sabato e una domenica mi allontano da Edimburgo, così all’avventura, senza prenotazione neppure dell’alloggio, la persona che mi accompagna mi guarda con preoccupazione. Ma in realtà non ho mai avuto veri problemi con questo mio metodo d’improvvisazione viaggiando spesso fuori dai canoni temporali turistici.
La domanda più frequente che fanno nei paesi anglosassoni e anche una delle prime che s’impara a lezione d’inglese è “Where are you from?”. Quando sono all’estero subito sento la necessità di specificare che vengo dalla Svizzera, ma da quella parte della Svizzera dove si parla italiano e allora, in genere, mi è capitato in Irlanda e anche in Scozia che non sono paesi fuori dal Mondo, si dipinge sui volti una espressione di perplessità. “Si parla italiano in Svizzera?” E lo stupore aumenta quando affermo che sono quattro le lingue nazionali, in Stati che hanno già il problema di averne due: “Come, tutte insieme, nello stesso posto?”. “Ma allora voi conoscete tutti quattro lingue…”, esattamente come tutti gli irlandesi o gli scozzesi conoscono anche il gaelico… Non c’è da stupirsi, forse i Mondiali hanno messo in luce la differenza tra Svezia e Svizzera, nonostante suonino simili. E ricordo l’osservazione di quel taxista milanese, molti anni or sono (oggi non dovrebbe più succedere): “parla bene l’italiano per essere svizzera… “. Da quel momento in poi ho sempre specificato. Ma perché divago in questo modo? Perché quando ho comprato il biglietto per Mallaig e ho detto che venivo dalla Svizzera italiana, mi sono sentita subito rispondere: “Ah, Lugano…”. Era uno che aveva lavorato a Brescia e conosceva bene il Ticino… Ogni tanto si fanno incontri strani…
Comunque, perché Mallaig? Intanto, questa linea ferroviaria del West Highland, è considerata una delle più spettacolari, con la varietà di paesaggi che si può godere dal finestrino: tra caratteristici Glen e Loch, montagne, colline, corsi e specchi d’acqua, insenature, cavalli e foreste, boschi ancora selvaggi, prati di un verde intenso (in questi luoghi si diramano sentieri amatissimi dagli escursionisti, i cui passaggi si vedono dal treno). Un territorio ancora tutto da scoprire.
Quando arriviamo in questo villaggio di pescatori… Eccolo lì, fermo al binario di fianco, la fortuna aiuta i viaggiatori audaci o incoscienti, si chiama Jacobite Steam Train, il trenino scarlatto, decorato in stile ottocentesco, trainato da una locomotiva a vapore (LNER K1); nell’atrio della stazioncina vendono un libretto che racconta, con dovizia di cifre e immagini, la tormentata storia della realizzazione di questa tratta che congiunge Edimburgo, Glasgow a Mallaig (da qui si può prendere il traghetto per visitare anche la famosa Isola di Skye). La biglietteria è chiusa, m’informo: il treno a vapore parte fra pochi minuti e possiamo acquistare il biglietto a bordo. Eccoci, dunque, su un piccolo mito, ho sempre l’impressione quando viaggio su un treno a vapore che sia troppo veloce, che sia solo una messinscena. In realtà i fuochisti ci sono, il carbone anche, e parte con un lungo, ripetuto, fischio, un sacco annebbiante di vapore e quel ciuf ciuf ritmato, prima lento, poi sempre più intenso, che incantava i bambini di una volta ma che oggi non accompagna più nessun treno moderno… Come neppure il fischio, per non parlare del vapore… Non è l’Orient Express ma un certo decoro storico è trasmesso, almeno dai paralumi. È chiaro che si tratta di una trappola per turisti. Ma è anche un’occasione per approfondire l’avventurosa storia scozzese. Ad esempio, da dove deriva il nome del treno? il Giacobitismo fu quel movimento rivoluzionario del 1700, nato per riportare sul trono d’Inghilterra e Scozia il casato degli Stuart, rappresentato dal cattolico Giacomo Edoardo (Jacobus in latino). Dopo varie vicissitudini, i rivoltosi furono sconfitti e questo spinse anche al forzato spopolamento delle Highlands, i locali furono costretti ad andarsene e gli inglesi cercarono di estirpare ogni simbolo culturale e folcloristico, mettendo fuori legge cornamuse e costumi tradizionali che oggi, orgogliosamente, vengono esibiti e commercializzati come emblemi del patrimonio nazionale.
Eccoci al famoso viadotto storico, l’altro motivo, oltre al treno stesso, che porta ad intraprendere questo viaggio.
La stazione ferroviaria di Glenfinnan si trova a circa a metà della pittoresca linea West Highland Railway tra Mallaig e Fort William e poco dopo, arrivando da Mallaig, ecco annunciata la straordinaria, scenografica, apparizione del viadotto sorretto da ben 21 arcate, alto 30 metri, costruito tra il 1897 e il 1901 da Sir Robert McAlpine.
Questa imponente impresa ingegneristica ha riacquistato fama internazionale grazie al film Harry Potter e la camera dei segreti, il secondo dedicato al maghetto, il Jacobite Steam Train era stato trasformato per questa occasione nell’Espresso per Hogwarts e ripreso mentre attraversava il viadotto. Sul treno oggi si vendono pozioni magiche, c’è un ragazzo vestito e truccato come Harry Potter e persone che, volendo vivere fino in fondo l’atmosfera, si vestono con abiti d’epoca. Il treno che passa sul viadotto lo troviamo ovunque, sui libri, i manifesti, le guide (in copertina della Lonely Planet dedicata alla Scozia), potenza dell’evento mediatico. Il viadotto, come anche il treno, si vedono meglio se non si è proprio sopra, i tour turistici del resto prevedono una tappa a Glennfinan.
Ma noi, dopo un paio d’ore, scendiamo a Fort William, che nel passato, come anche dichiara il nome, ebbe un ruolo militare strategico, e senza troppe difficoltà troviamo la possibilità di dormire in uno dei tantissimi B&B di questa cittadina, attrazione per i potteriani, gli appassionati di escursionismo e ferrovie storiche. Altrimenti non è che sia particolarmente interessante con la sua trafficata strada commerciale che dalla stazione vi porta sul lungomare.
Il giorno dopo ripartiamo e dovendo cambiare, come all’andata, a Glasgow, scopriamo che molti treni sono stati cancellati per un non meglio identificato problema sulla linea, ne approfittiamo per dare un’occhiata alla città, molto cambiata da come la ricordavo, massacrata dai cantieri e dal turismo, in più proprio in quei giorni un altro incendio aveva devastato la Glasgow School of Art, il capolavoro di Charles Rennie Mackintosh, già danneggiato dal fuoco nel 2014… Sono sconfortata e alla fine riusciamo a prendere un treno che però si ferma a Linlithgow (qui si trova il palazzo dove nacque Maria Stuarda e anche la fontana più antica della Gran Bretagna).
Per tornare a Edimburgo dobbiamo proseguire con l’autobus. È domenica sera e ci mettiamo un’ora per fare una ventina di chilometri e riuscire ad entrare in città. Li capisco se odiano l’auto e solo all’idea di doverla usare diventano isterici.
E così finisce anche il racconto della mia vacanza scozzese.