Sono da capire le difficoltà dei nostri giornali nel gestire quell’unica pagina giornaliera in cui si dà conto della vita culturale di Lugano e di altre località del Ticino. Il budget a disposizione è magro, le occasioni molte, e il compenso offerto non facilita l’ingaggio di persone competenti e disposte a scrivere subito, magari nottetempo (ma Eugenio Montale lo faceva per il Corriere d’informazione degli anni d’oro…). Il problema riguarda anche quell’antico luogo di polemiche che è la critica musicale. Alcune… preferenze, del resto, non si giustificano più. Il LAC per esempio beneficia di una sovraesposizione in fatto di lanci, di cui non ha più bisogno, ora che le stagioni di LuganoMusica e dell’OSI al LAC sono a regime in fatto di pubblico, e le insipide interviste fatte agli artisti prima del concerto lasciano il tempo che trovano. Ma è di omissioni pure e semplici di cui oggi voglio parlare.
È capitato con il Concerto della Civica filarmonica di Lugano del 9 dicembre 2018, nel corso della quale è stata offerta in prima esecuzione la nuova sinfonia: Views of Edo di Franco Cesarini, direttore del complesso dal 1998. Cesarini, classe 1961, ha ricevuto molti premi e la sua musica è eseguita in tutta Europa e negli Stati Uniti. Incontra favore la sua vena melodica e ritmica scintillante, inquadrata in un contesto armonico tradizionale, ma coloristicamente vivace: la solita prova che si possono ancora scrivere poesie con la rima… Al suo gesto, l’8 dicembre, una vera orchestra di strumenti a fiato (e percussioni), i meglio eredi di una tradizione che “bandistica” è ormai troppo poco dire, un progresso che anche altre formazioni in Ticino hanno conosciuto grazie alla diffusione delle scuole di musica, conservatorio non escluso. La vecchia sala del Palazzo dei Congressi era strapiena: era pretender troppo che l’avvenimento meritasse anche un riscontro adeguato? Su LaRegione nulla; sul Corriere del Ticino 21 righe in notizie-flash otto giorni dopo per annunciare che il concerto sarebbe stato trasmesso per radio.
Un altro caso di dimenticanza per cui non trovo spiegazioni è l’assenza di qualsiasi cenno alla stagione musicale del Teatro Sociale di Como: una veneranda istituzione che da sempre si vende male ma che negli ultimi anni si permette di allestire una stagione operistica decorosa e quest’inverno ha in cartellone un’opera di Haendel: Rinaldo, affidata a un complesso specializzato nella restituzione della cosiddetta musica antica: l’Accademia bizantina di Ottavio Dantone. Ne ha parlato Il Sole24 Ore: sui nostri giornali non una riga! Come è possibile?
Ho capito, lo so: il budget. Ma il luganese Palazzo dei Congressi non è… a Pechino. E Como è a mezz’ora di treno (in auto no: sconsigliabile a chi voglia arrivare puntuale al concerto). Insomma, non trovo parole a giustificazione di omissioni come queste.
Enrico Morresi
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