“L’idea che mi sono fatto è che le persone desiderano libertà, nessuno vuole essere schiavo. L’espressione più alta della libertà è il viaggio. Nella quotidianità siamo tutti inseriti in dinamiche coercitive che alla lunga stancano. Ecco la necessità dell’uomo di libertà, nel viaggio è l’attore principale di ciò che vuole fare”.
Ho letto recentemente questa dichiarazione in una intervista con Antonio Trentin. Trentin organizza due volte all’anno la rassegna Noalesi in viaggio. Il ciclo autunnale inizierà il 19 ottobre a Noale, cittadina in provincia di Venezia, proprio con Gianluca Niero che interverrà sul tema La Transiberiana: l’immensità dentro se stessi.
Ho riportato queste parole perché non sono sicura di condividerle. Se tutti la pensassero così non esisterebbero i viaggi organizzati che riproducono in un certo senso le “dinamiche coercitive” della vita quotidiana. Certo un turista sceglie il programma e la destinazione che più gli convengono. Ma nel momento che firma un contratto con la sua agenzia, non è più “l’attore principale di ciò che vuole fare”: deve adeguarsi in gruppo ad una tabella di marcia, gli dicono cosa fare e quando farla, il giorno e l’ora. Spesso si tratta di persone anziane che non devono sfuggire alla routine del lavoro, avendo più tempo libero. Ma ci sono anche giovani troppo impegnati per realizzare un programma fai da te. Oggi in ogni caso sempre di più le agenzie strutturano itinerari personalizzati, c’è chi si affida ad una guida individuale, chi si rivolge ad internet.
È comunque questo il grande spartiacque tra turisti e viaggiatori. Da quando l’uomo è sulla terra si è messo sempre in cammino, come nomade, pellegrino, commerciante, militare, esploratore. Con la scrittura sono arrivati taccuini, diari, testimonianze. Noi conosciamo Marco Polo, ma tra i più grandi viaggiatori di tutti i tempi c’è lo storico e giurista marocchino Ibn Battuta (1304-1368 o ’69). In circa trent’anni percorse Asia e Africa. La sua maggiore opera s’intitola Riḥla che significa appunto Viaggio, in cui sono raccolti ricordi e osservazioni di queste esperienze, dei paesi attraversati e delle società dell’epoca. È straordinario ciò che fece pensando anche alla complessità degli spostamenti in quei tempi. Ma guardate le cartine dei suoi itinerari…
Conosciamo il cammino per sete di conoscenza, con archetipi come Ulisse. Intellettuali e artisti europei si misero in viaggio attratti dalle rovine italiane, in particolare. Iniziò nel ‘600 la moda del Gran Tour per gli aristocratici. Era ancora un prodotto elitario. Ma abbiamo un nome e persino una data precisa per la nascita del turismo di massa da una idea rivoluzionaria del tipografo inglese Thomas Cook che si rivolgeva agli operai, alle classi meno abbienti: il 5 luglio 1841 egli propose la prima escursione (perché con andata e ritorno nello stesso giorno), una gita di campagna da Leicester a Loughborough, 11 miglia. Al viaggio parteciparono 570 persone che pagarono appena uno scellino (l’impresa aveva carattere filantropico) per un pacchetto tutto compreso, il trasporto in treno in terza classe, pranzo e persino uno spettacolo, un modo di programmare che fece scuola.
Con il miglioramento delle condizioni economiche, la democratizzazione dei trasporti, il vero turismo di massa si sviluppò a partire dal secondo dopoguerra (anche se le precedenti dittature promuovevano gite “obbligatorie”). Abbiamo tutti in mente le immagini televisive degli esodi estivi con colonne e colonne di auto, un costume che diede origine anche ad una infinita cinematografia, in particolare italiana, visto che l’abitudine delle ferie d’agosto è (era?) consuetudine di quel paese. Oggi le mete sono diventate più esotiche, i voli a basso costo hanno diffuso questo tipo di viaggi con tutte le problematiche inerenti. Ciò che mi stupisce, anche perché influenza le statistiche evidentemente, è la definizione di “turista” data dall’Organizzazione Mondiale del Turismo, l’Agenzia specializzata delle Nazioni Unite: “colui che viaggia in paesi diversi dalla sua residenza abituale e al di fuori del proprio ambiente quotidiano, per un periodo di almeno una notte ma non superiore ad un anno e il cui scopo abituale sia diverso dall’esercizio di ogni attività remunerata all’interno dello stato visitato”. Si tratta dunque di una definizione che tiene conto solo degli aspetti economici e non del “come” e del “perché” del viaggio: quindi sono comprese persone che si recano all’estero per lavoro, salute, per visitare parenti, amici o per qualsiasi altra ragione (compresi il sesso e malaffare in genere…). Non sono d’accordo, il turismo è un’attività della vacanza, che lo si faccia in maniera ragionata, oppure no. Per quanto mi riguarda, tornando allo spartiacque tra viaggiatori e turisti, non si tratta solo di spostarsi, fondamentali sono la motivazione e la consapevolezza legate a ciò che si desidera fare, ma questo dovrebbe riguardare ogni aspetto della vita umana.