Andersen, come tutti gli artisti geniali, sapeva vedere lontano. La fiaba ottocentesca dell’Usignolo, il cui canto commuoveva e rendeva sensibile l’imperatore di un lontano Oriente, fino a quando viene soppiantato da una riproduzione meccanica di un uccello perfetto, che non improvvisa, che si può risentire quando si vuole e senza sorprese… Ma poi quando il potente si ammala, solo il canto dell’uccellino vero potrà salvarlo… Ecco, il messaggio di questa storia, oggi, nel nostro mondo dominato dalla tecnologia, dall’informatica che ambisce a sostituire gli esseri umani con robot (sperimentazioni realizzate in questo senso ci vengono proprio dalla Cina e dal Giappone: negli alberghi, nei musei, al telegiornale…), ci appare sotto una luce ancora più attuale e verificata. Perché poi l’uomo è sempre quello…
In questa nuova sua creazione (L’usignolo o dell’amicizia) in coproduzione con Bam Bam Teatro, che ha debuttato ieri al Foce di Lugano, il Teatro Pan (drammaturgia e interpretazione di Monica Ceccardi e Cinzia Morandi, regia di Lorenzo Bassotto), incastona il racconto dell’autore danese in una storia dei nostri giorni. Protagonista una misteriosa signora che viene dal Nord, abita una casa non casa (efficace la scenografia minimalista, con una finestra appesa ad una stanghetta elastica e la struttura-sedia dove c’è tutto quello che serve, vari elementi simbolici e anche uno spettacolare ventaglio che si aprirà al momento opportuno), cuce i fili dei suoi ricordi, del passato avventuroso. Qui piomba una ragazza, un po’ ladruncola, che non conosce gli animali, che vive nell’universo pragmatico del suo tempo, incapace di ascoltare la natura, di fermarsi a contemplare, di percepire le ragioni del cuore, per la quale tutto deve essere previsto e preciso, misurabile, né troppo né troppo poco… La signora la porterà alla scoperta dell’usignolo che simboleggia (sulla linea del Piccolo principe), il mondo degli affetti piuttosto che delle cose, le virtù della sensibilità, del sentimento, dell’ascolto, dell’amicizia (se non vuoi ascoltare, non puoi sentire), di ciò che conta nelle relazioni umane, la bellezza della natura, quello che non “serve” a nulla, tranne ad essere migliori, un sorriso, un abbraccio, un pianto. Le narra la storia di Andersen, sufficiente un mantello scintillante, un piumino per l’uccello vero, mentre per quello meccanico si apre il citato ventaglio dal cui mezzo si affaccia la stessa Morandi ad interpretarne il meccanismo con effetti comici, come comici sono i dialoghi che assumono anche aspetti surreali. Ben dirette, le due interpreti risultano convincenti. Cinzia Morandi è sempre più brava e ormai ha acquisito un’assoluta naturalezza come “maestra” di fiabe. E anche Monica Ceccardi sa stare a livello, guadagnandosi le simpatie del pubblico anche piccolo a cui ovviamente è destinato lo spettacolo. Genitori portate i vostri bambini (dai 6 anni), ne vale la pena.
Si replica questa sera alle 20.30 e domani alle 18.00.
Manuela Camponovo