“Storia svizzera delle migrazioni”, se ne parla alla Biblioteca Salita dei Frati
La Biblioteca Salita dei Frati di Lugano accoglie stasera – martedì 2 maggio alle ore 18.00 – un incontro dedicato alla presentazione di un nuovo e voluminoso studio di André Holenstein, Patrick Kury e Kristina Schulz (recentemente tradotto in italiano e pubblicato da Armando Dadò) sui fenomeni migratori, da e per le nostre terre, che hanno segnato nel profondo la storia della Confederazione. Storia svizzera delle migrazioni dagli albori ai giorni nostri sarà presentato dagli storici Luigi Lorenzetti, responsabile del Laboratorio di Storia delle Alpi dell’USI, e Paolo Barcella, docente all’Università di Bergamo.
Ci sono diversi modi di pensare la Svizzera, la sua storia e la sua identità: attraverso i suoi paesaggi e la sua natura, attraverso il suo sistema politico e il suo federalismo, attraverso il suo plurilinguismo e le sue differenze culturali e confessionali, attraverso il suo sistema economico e finanziario e così via. A ben guardare, però, una buona parte di questi aspetti hanno la loro origine nella storia migratoria del Paese. Come leggere la formazione del paesaggio alpestre senza tener conto delle migrazioni di popolamento delle terre alte dell’età medievale? Come comprendere lo sviluppo economico e finanziario elvetico senza ricordare gli apporti forniti da innumerevoli immigrati ed esuli che nel corso dei secoli hanno portato in Svizzera competenze, risorse e tecnologie? E come capire la sedimentazione di tratti della cultura italiana nella vita sociale e nella cultura elvetica senza riferirsi al “secolo degli italiani” (1870-1970) che ha condotto nella Confederazione decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici provenienti dalla Penisola? In breve, è difficile pensare alla Svizzera odierna senza tener conto delle molteplici forme migratorie che l’hanno attraversata nel corso del tempo. Ripercorrerle significa riscoprire e capire la storia della Svizzera nelle sue svariate sfaccettature economiche, sociali e culturali ma significa anche leggervi i segni (e le cicatrici) che le migrazioni hanno lasciato sulla vita di coloro – svizzeri o stranieri – che nell’altrove hanno visto un futuro migliore.
Ingresso libero.