22 luglio – La stagione delle piogge non è affatto finita, questa mattina il cielo ha ancora tenuto, ma nel pomeriggio, a intermittenza, si è scatenato un temporale di tipo tropicale… Almeno fa caldo, anche se è tutto un togliere e mettere per via dell’aria condizionata e anche dei siti religiosi che richiedono visite scalze ma, contrariamente alle moschee, non sindacano troppo sull’abbigliamento.
Di lunedì non ho problemi perché Kyoto, pur avendo anche musei, ovviamente, è soprattutto una città di templi e giardini, anche se per quest’ultimi la meteo non è ideale. Perlustro la zona che si chiama Higashiyama sud, una concentrazione di luoghi di culto, uno più bello dell’altro e riesco a raggiungerla spericolatamente con il bus. Inizio dal Kiyomizu-dera, buddhista, una bella scarpinata per salire su una collina, molto popolare a quanto vedo, un concentrato turistico e commerciale, il più affollato, la stradina per arrivarci è seminata di negozietti di ogni genere. Una parte è chiusa per restauri. Mi sembrava strano di non incappare in questo genere d’infortuni. Beh, non sono una guida, in questo diario raccolgo le mie impressioni, non vi racconto quello che potete leggere ovunque sulla storia del luogo sacro. Ma è così frequentato anche perché è ammantato da superstizioni e leggende, si parla di amore, fortuna e gesti apotropaici.
Ad esempio, davanti ad un santuario del complesso, il Jishu-Jinja, si trovano due pietre alla distanza di 18 metri, se si riesce a raggiungere la seconda pietra tenendo gli occhi chiusi si incontrerà l’amore, ci si può anche fare aiutare, ma allora anche per trovare l’amore si avrà bisogno di aiuto… Completamente opposta la seconda esperienza, passando per i pittoreschi quartieri Ninen-zaka e Sannen-zaka, con le loro antiche casette in legno (ma in questo paese non si capisce mai veramente dove finisce il restauro e inizia una vera e propria ricostruzione) ho raggiunto il Kodai-ji, tempio zen che provoca un’autentica meditazione intima e spirituale. Quasi deserto con i suoi interni ampi e simbolici, la storia che lo connota, l’assoluta tranquillità, il giardino con le pietre, il ritmico cadere delle gocce d’acqua, la sabbia lavorata, una bellezza da rapimento mistico, se non si sta attenti si rischia di rimanerne imprigionati nella sua dimensione priva di coordinate temporali.
Ma un certo punto si deve andare, via. Tra l’altro in questi posti ci sono cartelli che avvertono della presenza di una colonia particolarmente aggressiva di scimmie, non bisogna avvicinarle (ma chi le vede?) e non mangiare all’aperto se non si vuole essere attaccati, né fare foto (?)… Comunque, sfidando la sorte come se dovessi apprestarmi ad un safari, ho attraversato un parco, Maruyama-koen osservando inquieta gli alberi, ma pioveva a dirotto e penso che le scimmie fossero altrove, a ripararsi, e ho raggiunto un altro tempio, monumentale, il Chion-in, sede di una scuola buddhista, imponente. Uno degli edifici è il più grande del Giappone, di questo genere. Ma anche qui ci sono lavori di restauro e non ho potuto camminare sull’“usignolo”, un pavimento che emette il suono del verso dell’uccello meglio di un sistema d’allarme…
Vicino si trova lo Shoren-in, forte odore di canfora per i suoi alberi, piccolo, ma belle decorazioni e uno splendido giardino fatto di sentierini e una spianata con vista sulla città.
Ho evitato il quartiere dei divertimenti, Gion, però sul ritorno mi fermo ancora al colorato tempio Yasaka-jinja che sta per chiudere, ma serve come riparo per la pioggia, fino a quando non ci mandano via, passo davanti al Museo nazionale di Kyoto, chiuso per restauri e quello di arte moderna, ma si deve scegliere, arte orientale e anche giapponese ne ho vista tanta in mostre e musei specializzati in tutto il mondo, ma i templi si possono vedere solo sul posto.
Mentre faccio una pausa gastronomica a base di noodles, consulto il libretto del frasario giapponese, pensando che aveva ragione Ionesco a ridicolizzare le grammatiche, che ne dite di una frase del genere: «La persona che ho conosciuto ieri sera non era il signor Takagi»?… Ma neanche se fosse stato un Marco qualsiasi, quante probabilità avrete di dire in giapponese una frase del genere? Con questa domanda cruciale, vi lascio… Alla prossima…
Giappone 3. Continua