Torna il Sundance Film Festival, ma si adatta alla realtà creata dal Covid-19
Il Sundance Film Festival ritorna, ma apre quando in corso c’è una pandemia e tanta incertezza per il futuro. La tradizionale rassegna cinematografica annuale – che si svolge a gennaio a Park City in Utah (USA) – non manca all’appuntamento di offrire al pubblico una finestra sulla migliore produzione che il cinema indipendente ha da offrire, ma lo fa ristrutturandosi.
L’edizione del 2021 è stata rivista per adattarsi alla nuova realtà creata dal Covid-19, difatti si svolge con una formula ibrida, ossia tramite una piattaforma digitale creata su misura e sfruttando teatri all’aperto, drive in o strutture in cui è possibile il distanziamento sociale, disseminate in tutti gli Stati Uniti.
Tra i film che hanno dato il via al festival, che si svolgerà fino al 3 febbraio, non si poteva non affrontare appunto l’argomento della pandemia e così corsie di ospedali al collasso e cattiva gestione da parte dei governi sono di nuovo di scena con In the Same Breath della regista americana di origini cinesi Nanfu Wang. La Wang torna in Utah dopo One Child Nation, film premiato al Sundance 2019 come miglior documentario. Wang torna indietro a dove tutto è iniziato, a Wuhan in Cina. Il film è un racconto in prima persona sugli sviluppi del virus, ma anche della propaganda cinese nel tentativo di coprirne gli effetti. Poi lo sguardo va verso gli Stati Uniti per denunciare come quelle stesse bugie siano state perpetrate sotto l’amministrazione Trump. Il messaggio finale è sui pericoli della disinformazione e sui danni che può causare a livello planetario.
Il Sundance potrebbe rivelarsi una piattaforma di lancio per Human Factors, una co-produzione Germania-Italia-Danimarca che porta la firma del regista italiano Ronny Trocker. Il filmmaker e produttore originario di Bolzano presenta il suo ultimo lavoro nella sezione competitiva World Cinema del festival. Human Factors affronta la difficile ricerca della verità nel nostro mondo iper-mediatizzato, analizza le possibilità di comunicazione all’interno di un microcosmo familiare all’apparenza perfetto e il fallimento cui queste vanno incontro.
Nella line up di 72 film rispetto ai 118 dello scorso anno anche un altro dramma legato al Covid-19, quello degli studenti, che oltre alle difficoltà della didattica a distanza hanno visto cancellarsi la memoria di tappe importanti nella loro vita, come ad esempio niente cerimonie di diploma o di laurea o ballo di fine liceo. Homeroom di Peter Nicks (già vincitore del premio per la regia con The Force nel 2017) cattura non solo questo aspetto, ma lo intreccia con le ansie degli studenti di un liceo di Oakland in California alle prese anche con la giustizia criminale che prende di mira spesso le minoranze, il sistema sanitario e quello scolastico.
Frutto della pandemia è anche la commedia How It End diretto da Daryl Wein, Zoe Lister-Jones (nella vita marito e moglie) e in anteprima mondiale al festival. Il film prende spunto dalle ansie della coppia e dalle loro sessioni di terapia. Non tratta direttamente della pandemia, ma dalle riflessioni innescate da questo momento difficile. (Fonte ANSA)