Sono volate da Mosca, da Barcellona, perfino dal Brasile, fino a Malpensa o a Bergamo, sono giunte a Lugano in mezzo alla notte, mentre altre, su furgoni stracarichi, imboccavano le autostrade a Roma, Vinci, nel Veneto, o nel Nord della Germania… le centinaia di marionette che fino a domenica si sono esibite, a turno, sul palcoscenico del 36° Festival, rinnovandone una volta ancora la magia. Migliaia di chilometri, una recita, un incontro col pubblico, una cena improvvisata nelle quinte del Teatro Foce e già, il granteatro dei fantocci è ripartito verso altri orizzonti.
A noi, organizzatori di questo sogno rinnovato durante così tante edizioni, rimangono immagini, stimoli, nuove idee. Rimane il “grazie” che ci hanno detto tanti spettatori, rimane il ricordo di spettacoli passati, che molti hanno evocato. Se il teatro, arte effimera per eccellenza, e quel teatro particolare delle marionette, può lasciare tracce nella memoria di qualcuno anche dopo anni e anni, significa che il sogno è diventato realtà.
L’hanno notato molti spettatori, il programma di quest’anno è stato particolarmente riuscito e, tranne che in pochi casi, di elevatissima qualità.
Ora sogniamo il seguito: l’altro Festival che abbiamo creato nella Svizzera Romanda dove porteremo, per la seconda volta, diversi spettacoli visti a Lugano. Poi, un nuovo progetto del quale forse potremo riparlare fra qualche tempo, oltre a una nostra nuova creazione teatrale, che debutterà a gennaio. E ovviamente la prossima edizione del Festival di Lugano!
Dobbiamo ora svegliarci da questa fase di sogno per tuffarci in quella burocratica. Ebbene sì, malgrado il Festival sia affermato a livello internazionale, noto quale Festival di Teatro di Figura più longevo d’Europa, seguito da un folto pubblico, sostenuto in modo deciso dalla Città di Lugano, dobbiamo una volta ancora raccontare chi siamo e che cosa facciamo alle autorità culturali cantonali che da due anni, invece di adeguare la loro partecipazione ai sempre maggiori costi dell’operazione, l’hanno ridotta senza addurre motivazioni. Non sono sufficienti i meriti, gli sforzi, i salti mortali, la perseveranza riconosciuti dal pubblico, dai media, da diverse Fondazioni culturali e dalla Città? È ammissibile che dopo esattamente 50 anni di attività teatrale nel Cantone, non sia concesso oggi al direttore del Festival di incontrare un responsabile cantonale per le attività culturali?
È ammissibile che quando lui chiede delucidazioni in merito all’incomprensibile taglio e si rivolge alla Direttrice del DECS Raffaella Castagnola e all’Onorevole Manuele Bertoli, gli venga fatto rispondere di non inoltrare lettere personali?
Dove siamo? In Ticino, cosiddetta “terra di artisti” di dimensioni ancora umane, o nella Praga di Kafka di fronte al Castello?
A meno che i responsabili cantonali della cultura siano, da alcuni anni, unicamente degli algoritmi? Magari creati a caso da un robot… Certamente non da una marionetta; le marionette ci parlano in faccia.
Michel Poletti
Creatore e direttore del Festival internazionale delle Marionette, dal 1979