Dicono che sembra una creazione pensata apposta per questo periodo di pandemia, sia per le tematiche, in quell’intreccio di male, dolore, malattia, morte, sia per il tipo di proposta, senza attori, un montaggio di immagini sovrastato da una sinfonia musicale costante, ossessiva, non una colonna sonora ma proprio la cifra drammatica e in un certo senso anche drammaturgica attraverso cui si percepisce la visione. Ma è stata una coincidenza averlo concepito da tempo, il Mephistopheles Eine Grand Tour, opera filmica della compagnia italiana Anagoor che ha attinto al proprio archivio, ai materiali raccolti tra il 2012 e il 2018. Com’è intuibile dal titolo, il riferimento letterale e simbolico prende le mosse da Goethe, con una doppia fonte, alla luce autobiografica del suo Viaggio in Italia e al fuoco sinistro e grandioso del Faust, il capolavoro più rappresentativo. Anagoor dunque narra, con la composizione concertistica e live set elettronico di Mauro Martinuz, la regia di Simone Derai, fotografia di Giulio Favotto, un itinerario per il mondo e i suoi anfratti infernali e malefici, una denuncia del male e delle menzogne senza proferire verbo, sostenuta dalla forza ineludibile dello sguardo.
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