Sono usciti a stampa pochi mesi fa, a Balerna, per le edizioni Ulivo di Alda Bernasconi i versi dialettali di Franca Da Rin Pedrini, sotto il titolo ben significativo di Paisséi a stì, (Pensieri a stille). Si tratta del lavoro di una vita: oltre sessanta poesie scritte via via, apparse in diverse pubblicazioni ed ora sono raccolte per la prima volta in un grazioso volume azzurrino, corredato di fotografie e di un prezioso glossario.
Abbiamo chiesto a Guido Pedrojetta – che ha firmato l’introduzione al volume (e l’ha presentato a maggio, ad Airolo, a un pubblico molto numeroso e attento), di svolgere per noi alcune riflessioni che servano da invito alla lettura.
Come si presentano i contenuti del volume?
«Il libro è principalmente un canzoniere familiare, dedicato sia ai genitori sia al marito e ai figli, sia ai nipoti che hanno allietato e allietano giornalmente la vita dell’autrice. I testi dedicati ai membri di età più matura toccano volentieri gli affetti della vecchiaia, fino a sfiorare – inevitabilmente – le tappe estreme della separazione ultima: molto rappresentativa, in questo senso, e indicativa dello stile incisivo e prosciugato di Franca, che sa raggrumare il senso profondo in poche immagini essenziali, è la meritatamente premiata poesia dedicata alla madre (Mam), di cui evochiamo le due commoventi strofe conclusive: L’utüm det la / tò vita, sempra, / um ved a cuur, / amò da tì, Mam. // La c’è l’é vöida, / l’üss pesànt, / l’ültim tönc’ det cèf / u s’mòrza u tö res’pìr, Mam (‘l’autunno della tua vita mi vede correre ancora da te, mamma. // L’ultimo tonfo della chiave smorza il tuo respiro, mamma).»
Quali aspetti della rappresentazione sapranno incuriosire maggiormente il lettore di oggi, spingendolo a meditare questi versi?
«I versi sono “lavorati” secondo modalità tematiche e formali che rendono la pagina preziosa e accattivante. Già si è detto della capacità di sintesi e della felice selezione di immagini incisive. Sul piano dei contenuti, va ricordata innanzitutto quella realtà meteorologica dominante, ai piedi del San Gottardo, che è la neve, bianca compagna di vita, soffice e magica, amata dai bambini: crama scufièda (panna montata), s’trèda t zücru (strada di zucchero). Molto esposte in direzione filosofica sono poi le caratterizzazioni dell’itinerario esistenziale proprio e altrui (santéi ‘sentiero), mediante l’evocazione del flusso vitale (L’unda t la storia ch la t porta dalusc , l’onda della storia che ti porta lontano), come pure dell’amore che corre incontro all’io, sui santéi det l’infinit (sentieri dell’infinito), L’unda du rì incuntra a la vita (l’onda del corso d’acqua incontro alla vita). Anche la parola-chiave vita viene spesso accompagnata da immagini molto eloquenti: Ninfa t la vita (Ninfa della vita), fiarè t la vita (focolare della vita), föi t la vita (fuoco della vita); con articolazione sintatticamente più compiuta : I góudi u quèdru t la vita (godo il quadro della vita, la müsica det la nössa vita (la musica della nostra vita), per giungere fino all’estensione estrema della metafora : u nös vièc pa u sarà mei finit (il nostro viaggio, padre, non sarà mai finito).»
La poesia in dialetto continua ad essere attuale?
«Non c’è dubbio, prova ne sia il fiorire di premi letterari specifici – nati anche di recente -, animati da giurie prestigiose che si occupano specificatamente di scritture realizzate nelle parlate locali: si pensi – per uscire dalla Svizzera italiana, ma senza allontanarvisi troppo – al celebre premio Tirinnanzi di Legnano, la cui giuria ha mostrato grande sensibilità anche per i nostri dialetti, segnalando o premiando tra altri – per rimanere nell’Alto Ticino – i testi di Alberto Jelmini e, per l’appunto, di Franca Da Rin Pedrini.
Va poi ricordato che il dialetto leventinese vanta una piccola ma qualificata tradizione poetica, con nomi come Giorgio a Giovanni Orelli, Alina Borioli e Alberto Jelmini. E che nel contesto svizzero italiano non mancano autori importanti, tutti attentamente seguiti da Franca Da Rin: basti pensare a Fernando Grignola, a Elio Scamara, a Segio Maspoli a Ugo Canonica e così via…. Personalmente, ritengo che il dialetto sappia porsi come ottimo strumento espressivo, specie per chi – come Franca – è nato e cresciuto in una comunità principalmente dialettofona e ha consolidato l’abitudine di formulare spontaneamente ogni tipo di pensiero e di rappresentazione nel linguaggio materno.»
Un libro da non perdere, dunque?
«Direi proprio di sì anche se, al momento – grazie al successo riscosso in pochi mesi – è esaurito: se ne attende con impazienza la ristampa.».
Laura Quadri