Coronavirus

Un terzo della popolazione svizzera rinuncia alle visite culturali

Un terzo della popolazione svizzera intende riprendere le visite culturali soltanto quando sarà completamente superata la crisi legata al coronavirus. Meno della metà degli abbonati e dei membri di un’istituzione culturale si propone rinnovare la propria adesione. È quanto si evince dal sondaggio condotto dall’agenzia L’Oeil du Public (Suisse) tra il 20 agosto e il 2 settembre 2020 (su un campione rappresentativo composto da 1197 persone in tutta la Svizzera) commissionato dall’Ufficio federale della cultura (UFC) e dalla Conferenza dei delegati cantonali agli affari culturali (CDAC).

Rispetto al primo sondaggio di inizio giugno 2020 è sensibilmente calata la propensione a riprendere le visite culturali. Mentre allora il 24% delle persone intervistate era pronto a visitare istituzioni o manifestazioni culturali senza grandi preoccupazioni, a fine agosto la percentuale si è ridotta al 18%. Il 42% dichiara invece di non voler riprendere le visite culturali prima del 2021; nel primo sondaggio era il 22%. Si riscontrano in tal senso alcune differenze nel tipo di offerta culturale: mentre il 36% delle persone intervistate dichiara di non voler visitare un museo o una mostra prima del 2021, la percentuale riguardante spettacoli – quali concerti, rappresentazioni teatrali, di danza, opera – è del 43%.

Di coloro che nella scorsa stagione erano abbonati o membri di un’istituzione culturale (ossia il 18% delle persone intervistate), soltanto il 46% conferma di voler rinnovare come di consueto il proprio abbonamento o la propria adesione. Il 43% degli attuali abbonati intende ridurre la spesa per gli abbonamenti o non affrontarla affatto.

L’86% delle persone intervistate considera a rischio il settore culturale. Per il 41% lo è in parte o significativamente più di altri settori. La percentuale di coloro che considerano il settore culturale più a rischio rispetto ad altri settori professionali è sensibilmente maggiore nella Svizzera francese (51%) e italiana (48%) rispetto a quella tedesca (37%).

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