USI, il ciclo “Poeti del Novecento” prosegue con Giovanni Raboni
Poeti del Novecento, il nuovo ciclo di conferenze promosso dall’Istituto di studi italiani dell’USI, dopo l’inaugurazione con il poeta Fabio Pusterla (v. la recensione di Laura Quadri) prosegue stasera, lunedì 10 ottobre alle ore 18.30 con Arnaldo Soldani. L’incontro, dal titolo Prove di una pronuncia inclusiva: percorsi nell’opera di Giovanni Raboni, si svolgerà nell’Auditorium del Campus Ovest dell’USI.
La lezione si aprirà con una presentazione di Giovanni Raboni, nella sua duplice veste di poeta tra i più importanti del secondo Novecento e di intellettuale dal forte impegno civile e culturale, che si inquadra nella grande tradizione lombarda che da Manzoni arriva fino a Sereni. Si passerà quindi alla lettura di un sonetto tratto dalla raccolta Ogni terzo pensiero (uscita nel 1993):
Sì, certo, sarebbe bello abitare
dove una vera guerra non c’è stata,
una città intatta, né bombardata
né ricostruita, da conquistare
un poco ogni giorno nella passata
sua gloria finché sconfitto scompare
ogni fantasma del presente e chiare
come un tempo alla mente non turbata
si fanno le voci dei morti.
Uguale sorte però non avrebbero,
inutile farsi illusioni, i sogni, se non vale
altro passato a mutarli, se sono
passato già essi, e in più presente, in mutile
e reciproche attese di perdono.
La poesia sarà esaminata anzitutto nei suoi aspetti formali, a cominciare dall’assetto metrico, che riprende la griglia tradizionale del sonetto italiano e insieme la disarticola attraverso procedimenti discorsivi, sia ritmici sia sintattici, che sembrano contraddire le strutture portanti della forma. Si passerà poi all’analisi dei temi, che ruotano intorno a due poli: da un lato la «città intatta», non toccata dalle sofferenze della storia, e dall’altro «le voci dei morti» che tornano a visitare la «mente non turbata» del poeta. I due temi tracciano insieme una sorta di immaginazione utopica, che cancella la realtà della storia e dell’esistenza, e che tuttavia è perentoriamente riaffermata nel finale, riaffiorando alla coscienza del soggetto attraverso i sogni, che si confermano come un deposito ineliminabile della verità.