Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati. (Gore Vidal)
Ci sono arrivati. Nei giorni scorsi non mi dava fastidio certo allarmismo e non volevo minimizzare, ma quello che non sopportavo era l’incoerenza. I primi casi di diffusione furono dovuti a persone provenienti dalle zone critiche. È stato così per il Ticino e anche ad esempio per l’Abruzzo: uno scriteriato era letteralmente fuggito dalla Lombardia per tornarsene a casa sua. Sta di fatto che chiudevano tutto, annullavano quello che potevano, ma non le frontiere, non le stazioni, non i treni. E qualche domanda me l’ero posta quando, di ritorno dall’Abruzzo, mi sono trovata in una surreale Stazione Centrale di Milano. Aspettavo un treno per rientrare a Lugano che poi è arrivato con quasi un’ora di ritardo, ritardo causato da Venezia hanno annunciato sul treno svizzero (ci tengono sempre a sottolineare che non è colpa loro…). Dunque, dal Veneto proveniva. Poca gente anche sui sedili, tenere le distanze non è stato un problema. Ma se sconsigliavano i viaggi in Italia (e viceversa), chi controllava? Fino a destinazione non ho visto nessuno, né l’addetto ai biglietti, né a Chiasso sono saliti polizia o doganieri. Tutti in quarantena volontaria? La gente tra le stazioni e sui treni circolava come voleva. Usando alcune precauzioni qualcuno continuava a spostarsi. E adesso? Le autorità italiane hanno gettato tutti nella confusione e nella polemica, quelle svizzere non smarriscono la bussola così facilmente e hanno cercato di capire e di far capire: solo lavoratori.
Assolutamente demenziale ciò che poi è successo sabato sera, immagini da sfollamento di guerra, con l’assalto all’ultimo treno… Cerchiamo di non perdere la testa. Intanto ho fatto una perlustrazione alla stazione di Lugano. Tutti i treni per Milano partono regolarmente. Nessun avviso mostrato sul display.
Ma visto che ormai ci invitano a muoverci il meno possibile se proprio non è indispensabile e certe mete diventano irraggiungibili, ecco che forse la necessità aguzza l’ingegno anche in questo caso portando a scelte meno scontate.
Ad esempio, i miei amici italiani, che si sentono additati come untori numero due, dopo i cinesi (è il caso di rileggere La colonna infame di Manzoni, sono passati secoli, ma i meccanismi psicologici sono sempre gli stessi), devono evitare gli aerei e destinazioni estere, anche coloro che non vivono nelle zone cosiddette “rosse” o “arancioni”, per paura non tanto del virus ma di essere respinti o costretti alla quarantena e allora coloro che non vogliono rinunciare a qualche breve vacanza, non nell’immediato, ma passato il periodo più critico, ecco che possono dedicarsi alla scoperta finalmente dell’Italia che è ancora possibile visitare, lo Stivale è lungo e bello nei suo borghi isolati e si possono aiutare così in qualche modo ristoranti e alberghi sui quali piovono le disdette. Non è incoscienza, ma prendendo alla lettera le raccomandazioni, che tutti dovrebbero conoscere, potrebbe diventare fattibile.
Io invece per il momento ho il problema contrario. Negli ultimi tempi mi sono rivolta ad alcune regioni italiane e città tra le meno gettonate dai turisti se si eccettua il periodo estivo, Molise, Puglia, Calabria… Visto che adesso passare il confine con l’Italia per turismo non è concesso e non è nemmeno prudente, magari salirò al Nord e mi lascerò sorprendere, come al solito senza troppa premeditazione, vediamo cosa succede in qualche altra piccola regione europea anche se non si potrà dire del tutto incontaminata…
Nel frattempo, meglio starsene a casa a sfogliare qualche atlante o a leggere un buon libro di… viaggio, naturalmente.