Teatro

“Vorrei una voce” di Tindaro Granata debutta al Foce

Dall’11 al 13 gennaio 2024, alle ore 20.30, il Teatro Foce ospita il debutto assoluto di Vorrei una voce di e con Tindaro Granata, lavoro prodotto da LAC Lugano Arte e Cultura in collaborazione con Proxima Res. Uno spettacolo in forma di monologo che fonda la sua drammaturgia dall’incontro di Tindaro Granata con le detenute di alta sicurezza della Casa Circondariale di Messina che attraverso alcune canzoni di Mina raccontano il proprio mondo. Una creazione in cui Luigi Biondi cura il disegno luci, Aurora Damanti ha creato i costumi, Alessandro Bandini ha assistito Granata nel percorso registico.

Ispirato dal lungo percorso teatrale che l’autore e attore siciliano ha realizzato al teatro Piccolo Shakespeare all’interno della Casa Circondariale di Messina con la sezione femminile di alta sicurezza, Vorrei una voce nasce grazie al progetto Il Teatro per Sognare ideato e organizzato da Daniela Ursino, direttrice artistica del teatro nel penitenziario. Le canzoni di Mina, che Granata interpreta in playback, diventano la materia dei sogni, appartengono alla memoria collettiva di tutti noi e si sono rivelate essere materiale ideale per lavorare con persone non professioniste. Il fulcro della drammaturgia è il sogno: perdere la capacità di sognare, significa far morire una parte di sé. Vorrei una voce è dedicato a coloro i quali hanno perso la capacità di farlo. Recentemente insignito, per la seconda volta, nel corso della sua fortunata carriera del Premio Nazionale della Critica 2023, Tindaro Granata dona corpo e voce ad un progetto drammaturgico totalmente inedito, che racconta quello che lo stesso suo autore e protagonista ha definito essere «un incontro di anime avvenuto in un luogo molto particolare».

Dalle note di regia di Tindaro Granata:

«Ero un giovane uomo, lavoravo, avevo una casa, una macchina e soprattutto persone che mi amavano, ma avevo smesso di provare gioia per quello che facevo, non credevo più in me stesso e in niente. Non so come sia successo. Un giorno mi sono svegliato e non mi sono sentito più felice, né di fare il mio lavoro né di progettare qualsiasi altra cosa. Quando mi arrivò la telefonata di Daniela Ursino, direttrice artistica del teatro all’interno della Casa Circondariale di Messina, con la proposta di fare un progetto teatrale con le detenute “per farle rivivere, sognare ritrovando una femminilità perduta”, capii, dopo averle incontrate, che erano come me, o forse io ero come loro: non sognavamo più. Guardandole mi sono sentito recluso, da me stesso, imbruttito da me stesso, impoverito da me stesso. Avevo dissipato, inconsapevolmente, quel bene prezioso che dovrebbe possedere ogni essere umano: la libertà. A quel punto mi sono trovato catapultato, in un teatro vero, in un luogo molto particolare, con delle ragazze come me, a cui proposi di fare quello che facevo da ragazzo quando ascoltavo le canzoni di Mina: interpretare le proprie storie fantastiche con la sua voce.

Con le detenute abbiamo messo in scena l’ultimo concerto live di Mina, tenutosi alla Bussola il 23 agosto 1978. L’idea era quella di entrare nei propri ricordi, in un proprio spazio, dove tutto sarebbe stato possibile. Passando prima, però, da qualcosa di molto profondo, per recuperare una femminilità annullata, la libertà di espressione della propria anima e del proprio corpo, in un luogo che, per forza di cose, tende quotidianamente ad annullare tutto questo. Ognuna di loro aveva a disposizione due canzoni di Mina e, attraverso il canto in playback, doveva trasmettere la forza e la potenza della propria storia per liberarsi da pensieri, angosce, fallimenti di una vita. Mi sono trovato, con loro, a cercare il senso di tutto quello che avevo fatto fino ad allora.

Non voglio e non posso portare in scena le mie ragazze del Piccolo Shakespeare di Messina, perché quello che abbiamo fatto dentro quel luogo di libertà che sta dentro un carcere è giusto che rimanga con loro e per loro. In Vorrei una voce in scena ci sarò solo io, delle ragazze mi porterò i loro occhi, i loro gesti, gli abbracci lunghi e forti, le loro lacrime e i sorrisi. Grazie a loro racconterò storie di persone che dalla vita vogliono un riscatto importante: vogliono l’amore. Non l’amore idealizzato e romantico, ma l’amore per la vita, quella spinta forte, irruente, a volte violenta e apparentemente insensata che ti permette di riuscire a sopportare tutto, a fare tutto affinché si possa realizzare un sogno. Entrerò e uscirò da ogni storia grazie alle canzoni di Mina cantate in playback, come a creare un concerto immaginario fatto di anime diverse, tutte con un’unica voce. Così come facevo quando ero poco più che un bambino ed ero libero di immaginarmi il futuro e non avevo paura».

Dopo il debutto di Lugano, Vorrei una voce andrà in scena al Teatro Odeon di Lumezzane (Brescia) il 16 gennaio, al Teatro delle Ali di Breno (Brescia) il 17 gennaio e al Teatro Elfo Puccini di Milano dal 21 al 26 maggio. Per il debutto al Foce le prevendite sono aperte sul sito luganolac.ch

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